Prima di affrontare il tema di oggi, il prof. Cossi ha dedicato qualche momento al tema della volta scorsa per completare il discorso su Napoleone e l’Italia.
Le conseguenze del periodo napoleonico in Italia sono di segno diverso: se da una parte ha inferto un colpo durissimo ai privilegi nobiliari e ai residui di feudalesimo ancora esistenti per favorire invece una nuova borghesia, dall’altra parte ha sempre asservito l’economia italiana a quella francese.
Il Blocco Continentale poi ha avuto gravi conseguenze sulla nostra produzione di tessuti, perchè non arrivò più il cotone che importavamo dall’Inghilterra, e sui nostri porti.
Riuscì ad asservire i nostri intellettuali blandendoli con prebende e favori e sottoponendoli a una severa censura. Impose una tassazione molto gravosa che provocò rivolte popolari in certi momenti (tassa sul macinato). Bisogna tuttavia riconoscere che riuscì a porre le basi per un modello amministrativo moderno.
NAPOLEONE E LA CHIESA.
Allo scoppio della Rivoluzione, nel 1789, in Francia fu costituita una Assemblea Nazionale Costituente, che in un primo tempo non si occupò di problemi religiosi, ma quando il deficit dello Stato divenne preoccupante si pensò di sanarlo requisendo i beni del clero e degli ordini religiosi. In seguito fu emanata la Costituzione Civile del Clero con la quale si riduceva il numero delle Diocesi , si introduceva lo stipendio statale per i preti, che dovevano essere eletti dai cittadini, mentre i Vescovi dovevano essere eletti dai vescovi metropolitani (Arcivescovi); al Papa restavasolo il diritto di ratificare quelle nomine.
Il Papa rifiutò questa Costituzione e il clero si divise; la metà circa accettò di giurare fedeltà alla nuova Costituzione (giurati), i restanti si rifiutarono di farlo (refrattari).
Nel 1791 la Costituente avendo adempiuto al suo compito (promulgare la nuova Costituzione), prese il nome di Assemblea Legislativa: introdusse un nuovo culto e adottò un nuovo calendario.
Nel 1795 il governo dello Stato passò nelle mani del Direttorio, che proclamò la libertà di culto. Nel 1801 trattò con la Chiesa per giungere a un accordo circa l’indennizzo per i beni sequestrati al clero e per ristabilire le nomine papali dei vescovi. Tuttavia, quando nel 1806 fu imposto il Blocco Continentale, Napoleone intervenne sullo Stato Pontificio per farlo osservare occupando Roma; il Papa lo scomunicò e l’imperatore arrestò Pio VII e lo portò in Francia.
In Conclusione; Napoleone strumentalizzò la religione ai suoi fini politici come tanti avevano fatto prima di lui e come hanno fatto tanti dopo di lui.
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Monsignor Pirovano continua le sue lezioni su: ”I profeti nella Bibbia”, affrontando la lettura, con spiegazione, di alcuni brani della seconda parte del libro di Isaia, chiamato “Il secondo Isaia” o “ Deutero- Isaia”.
Gli studiosi hanno capito che i capitoli dal 40 al 55 del libro di Isaia, non sono stati scritti dalla stessa persona, perché il messaggio, lo stile e il contesto storico sono diversi. Essi fanno pensare a persone e a periodi storici legati agli avvenimenti del ritorno dei deportati dall’esilio di Babilonia.
Non conosciamo il nome dell’autore di questa parte e il suo messaggio principale è quello della “consolazione”, per cui esso è anche chiamato “Libro della consolazione”. Le prime parole con le quali si apre il libro sono infatti: “Consolate, Consolate il mio popolo…” (Is 40,1)
Esiste anche una terza parte, meno importante, che va dai capitoli 56 al 66, chiamato “Trito-Isaia” e scritto da altri autori anonimi.
Ma perché ci sono tanti autori all’interno di questo libro? Probabilmente perché il profeta Isaia ha avuto un profondo seguito, durante la sua predicazione, che ha influenzato i profeti che sono venuti dopo di lui.
“Il secondo Isaia” può essere diviso in più parti. Non ci sono dati storico-geografici riguardo a questo autore, tuttavia, le poche indicazioni contenute nel libro hanno permesso agli studiosi di distinguere questi capitoli dai precedenti. Nel “ secondo Isaia” i temi principali sono:1. la consolazione del popolo d’Israele che, preso dalla sfiducia per il dilungarsi dell’esilio, ostacola il profeta e dubita di Dio;2. il superamento della crisi e il ritorno; 3. la restaurazione del popolo di Israele.
Le tematiche religiose, invece, sono due: Dio e il riconoscimento della Sua gloria; il rapporto tra Dio e Israele. Dio è Colui che dirige tutti gli eventi dell’umanità; è giusto; la Sua parola ha un’efficacia irresistibile ed è “Il Santo di Israele”.
II rapporto tra Dio e Israele si basa sulla consapevolezza che Dio è il “re” e il “creatore” di Israele e che Israele è il popolo di Dio (tema dell’Alleanza). Dio perdona il suo popolo perché lo ama teneramente e per questo amore viscerale, come quello di una madre, diventa colui che lo salva dai Babilonesi. In tutto il libro domina il “tema del perdono”.
All’interno del ”secondo Isaia” ci sono 4 composizioni o canti che si riferiscono al “Servo del Signore”. Queste composizioni sono autonome, con caratteristiche proprie. Non sappiamo da chi sono state scritte. Gli esegeti hanno risposto in vario modo.
Alcuni pensano che sia lo stesso autore del libro; altri pensano che siano opere precedenti; altri ancora che siano state scritte successivamente. Le possibilità sono tutte plausibili, tuttavia questi testi rientrano bene nella teologia del Deuteroisaia, non stonano.
Nell primo canto (42,1-9) è Dio stesso che presenta il Suo servo, descrive la sua chiamata e la sua vocazione. Il servo viene abilitato da Dio stesso mediante un dono particolare dello Spirito.
Monsignor Pirovano ci spiega che, nel mondo ebraico, il “servo” era la persona di fiducia al quale veniva affidato un compito speciale nel progetto di Dio.
Nel secondo canto (49,1-6), è il servo del Signore che narra la sua chiamata da parte di Dio. Racconta anche le sue resistenze, le sue difficoltà nell’accettare ciò che Dio gli chiede e, infine, narra il superamento della crisi e la conferma della missione.
Nel terzo canto (50,4-10), prende la parola un personaggio che ha un rapporto particolare con il Signore. Questo personaggio evidenzia le difficoltà nella realizzazione della missione e narra come, grazie alla fiducia nell’aiuto di Dio, riesce a portare a termine la sua missione.
Nel quarto canto (52, 13; 53,12-15), il più conosciuto e commovente, è evidente il richiamo al Nuovo Testamento. Nella prima parte il Signore annuncia il rovesciamento del destino del suo “servo”: dall’umiliazione alla gloria futura (Is 52,13-15). Quindi prende la parola il coro che spiega l’umiliazione e la morte violenta del “servo (Is 53,1-10).
Alla fine interviene ancora il Signore che annuncia l’esito del dramma del “servo”: la passione del servo avrà efficacia salvifica perché “giustificherà molti” (Is 53,11-12). Questo canto si legge durante la Settimana Santa.
Chi è, però, il servo del Signore? Anche a questa domanda gli studiosi hanno dato varie interpretazioni. Le più conosciute sono tre:
- Collettiva: il servo è il popolo di Israele che ha sofferto l’esilio;
- Individuale: il servo è un personaggio storico (per esempio Mosè);
- Messianica: il servo è una figura che rappresenta i “giusti” che sono salvati da Dio.
Dalla terza interpretazione prende avvio la rilettura cristiana. In questa rilettura, il servo è Gesù. La figura del servo si apre così a una dimensione universale: attraverso il suo dolore e la sua sofferenza, Dio trasforma la storia di tutta l’umanità.