Ieri abbiamo visto il film iraniano “Una separazione”. Non racconterò la trama che ognuno può trovare solo digitando il titolo di questa pellicola molto conosciuta e pluripremiata a livello internazionale. Racconterò invece le mie impressioni , ciò che del film mi ha più colpito…
Essere donna in Iran non è certo facile: una serie di proibizioni imposte dalla religione di stato, rendono difficile la sua vita . Una di queste proibizioni, quella di mostrarsi in pubblico senza chador, falsa addirittura la ricostruzione cinematografica della vita in famiglia in questo film ambientato in una Teheran che non vediamo se non attraverso le sue vie piene di traffico, quasi esclusivamente viste attraverso l’ abitacolo di un’ automobile.
Nonostante la costrizione in cui vivono, le donne sono i personaggi più positivi: la moglie di Nader, il protagonista, desidera offrire alla propria figlia un futuro diverso da quello che l’ Iran può offrirle e vuole emigrare; per realizzare questo progetto è disposta anche a divorziare dal marito , anche se lo ama profondamente. Ha dalla sua un’ istruzione e una condizione economica e sociale che le consentono una certa autonomia nelle decisioni.
La signora Razieh, la colf che accudisce il padre di Nader, è invece una donna, incinta, oppressa dalla povertà (suo marito è disoccupato), dall’ integralismo religioso , dalla scarsa cultura che le impedisce di costruirsi una propria coscienza individuale, dal maschilismo del marito, al quale deve nascondere di essersi trovata un lavoro; nonostante ciò cerca di reagire alla sua situazione anche se questo la costringe a mistificare troppo spesso la realtà.
Ci sono poi le due figlie delle due donne che assistono alle convulsioni del mondo degli adulti e che sembrano chiedersi se è in un mondo così che vogliono vivere o se è meglio andarsene , ma il regista non ci dà modo di sapere quale sarà la risposta di Termeh, la figlia di Nader, l’ unica tra le due che ha l’ opportunità di scegliere…
E’ un film di cui si potrebbe parlare ancora a lungo per la capacità del regista di risucchiare noi spettatori all’ interno delle vicende narrate e costringerci a metterci nei panni dei personaggi . Tutti siamo inevitabilmente coinvolti per cercare di valutare quale sia la verità in mezzo alle tante mezze bugie che ognuno racconta agli altri e a se stesso.
Si potrebbe poi parlare delle inquadrature , nelle quali predominano gli ambienti chiusi, le pareti di vetro , le porte socchiuse che individuano spazi separati tra di loro, come separati sono i mondi dei personaggi che vivono in quegli ambienti….Il titolo del film è “Una separazione”, ma in realtà sono molte le separazioni che il regista rappresenta…