Oggi il prof. Galli ci ha portato a riscoprire la figura di Ulisse nel canto XXVI dell’Inferno. Siamo nell’8° cerchio. Dante e Virgilio si arrampicano su un ponte dal quale vedono come il fondo della bolgia sia gremito di tante fiamme (paragonate alle lucciole che si vedono nel fondovalle di sera). Dentro ogni fiamma c’è un peccatore fraudolento: la fiamma nasconde questi dannati così come loro hanno nascosto la verità con la loro lingua menzognera. Una fiamma però nasconde due dannati: Ulisse e Diomede uniti nella dannazione come sono stati uniti nel perpetrare i loro inganni. Dante chiede di poter parlare con Ulisse che racconta come abbia varcato lo stretto di Gibilterra, considerato un limite invalicabile, per costeggiare l’Africa e come la sua nave sia stata poi travolta da una tempesta quando era ormai giunto in vista della montagna del purgatorio.
Mentre Omero ci parla di un Ulisse astuto, che usa la sua intelligenza per ingannare, Dante sottolinea invece il desiderio di conoscenza che spinge Ulisse ad affrontare l’ignoto (“Nati non foste a viver come bruti…”), a superare i limiti imposti al suo tempo dalla fede.
Cosa può dire questo momento della Divina Commedia a noi uomini e donne del XXI secolo? Può farci riflettere sull’eterno contrasto tra scienza e fede, che ha visto la Chiesa scontrarsi con Galileo o respingere per molto tempo le teorie di Darwin. Tali contrasti sono tuttavia sanabili in un clima di reciproco rispetto e spirito di accettazione.
La scienza allarga sempre più il suo campo di indagine e rende tecnicamente possibile anche ciò che l’etica condanna. Ad esempio, clonare un essere umano forse è già possibile, ma è lecito? I comitati bioetici sorti un po’ ovunque si occupano proprio di questo tipo di problemi.
L’uomo non può abolire il limite senza recare danno a se stesso e agli altri esseri viventi.
A conclusione di questa interessante lezione, il prof. Galli ci ha letto questa poesia di Costantino Kavafis.
Itaca
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.