Carlo Emilio Gadda ha frequentato a lungo la Brianza, poichè il padre, commerciante di seta, all’inizio del ‘900 aveva fatto costruire una casa per le vacanze a Longone.
Era nato nel 1893 a Milano dove aveva studiato al politecnico fino a conseguire la laurea in ingegneria. Il fratello più giovane, Enrico era morto in tempo di guerra durante un’esercitazione di volo; Carlo Emilio invece, che si era arruolato volontario nel 1915, fu fatto prigioniero durante la battaglia di Caporetto e portato in un campo di prigionia in Germania.
Gadda è certamente uno dei prosatori più importanti del ‘900, ma non è di facile lettura: il suo linguaggio è spesso denso di termini tecnici, di parole prese dal latino o dal dialetto milanese; inoltre usa diversi registri narrativi: lirico, satirico, umoristico. La sua prosa rispecchia un po’ il suo carattere: misogino, scorbutico, avaro…
La sua opera più famosa è “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” ambientato a Roma, dove si trasferì negli anni ’60. Ma il prof. Porro ci illustra invece il rapporto di Gadda con il nostro territorio partendo da un libro intitolato “Gadda e la Brianza” in cui viene riportato ciò che il Gadda aveva scritto sulla sua casa di Longone, che egli considerava la fonte delle difficoltà economiche della sua famiglia. Ciò che il bravissimo Poggioni ci ha letto, è oltremodo eloquente su ciò lo scrittore pensava della Brianza e dei suoi abitanti che lui mal tollerava. Altra opera è “La cognizione del dolore” in cui tratta del suo tormentato rapporto con la madre, verso la quale vorrebbe manifestare il proprio affetto, ma non ci riesce perchè non sopporta le persone di cui si circonda (domestiche e contadini).
Come sempre le lezioni del prof. Porro sono molto piacevoli sia per la sua esposizione chiara e sapiente, sia per le letture del giovane Poggioni.
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KAZIMIR MALEVIC – Contemporaneo di Kandinskji, approda all’astrattismo nelle stesso periodo. Già nei primi anni del ‘900 le sue opere rivelano la volontà di staccarsi dalla rappresentazione della realtà per seguire le correnti futuriste e cubiste: la realtà è una gabbia per l’arte…
Nel 1915 pubblica il manifesto del suprematismo, che sostiene la supremazia della sensibilità pura: l’arte diventa concettuale, si avvicina alla filosofia.
Famoso è il suo quadrato nero su fondo bianco, dove la ricerca dell’essenziale diventa una porta sull’infinito. Con l’avvento dello stalinismo, Malevic, che non prenderà mai la via dell’esilio (a differenza di Kandinskji), tornerà al figurativo in ossequio ai dettami del regime, ma riuscirà sempre a mettere in ogni sua opera un segno della sua indipendenza intellettuale ed artistica.