La professoressa Chiesa inizia il suo ciclo di lezioni su alcune donne che sono state protagoniste del Risorgimento, ma che non vengono citate nei testi storici, parlandoci di Maria Cristina Trivulzio di Belgiojoso.
Il sottotitolo della lezione è: la principessa carbonara, perché Maria Cristina Trivulzio appoggia in modo esplicito la Carboneria e i moti carbonari della prima metà dell’800.
La professoressa, dopo un breve inquadramento storico sulle tappe principali del Risorgimento italiano, ci parla di Maria Cristina, facendoci vedere due ritratti, uno di Hayez e l’altro di Henri Lehmann che sottolinea il suo fisico esile e il suo pallore spettrale
Nasce in una famiglia nobile e ricca; suo padre muore quando lei ha solo quattro anni. La madre si risposa con Alessandro Visconti d’Aragona che ama Cristina come se fosse sua figlia e l’introduce nel mondo della cultura e della Carboneria.
Una figura importante per la sua formazione è Ernesta Bisi, la sua educatrice e insegnante di disegno, che diventa anche la sua migliore amica.
A 16 anni Cristina rifiuta il matrimonio con un cugino triste e piagnucoloso e sposa, invece, pur sconsigliata dalla famiglia e dagli amici, il principe Emilio di Belgioioso, bello, giovane, sifilitico e che dilapida allegramente il suo patrimonio. Cristina è molto ricca. La sua dote è di 400.000 lire austriache. Il matrimonio con Belgioioso dura poco.
Nel 1828 si separano, ma non divorziano mai.
Cristina comincia a frequentare i patrioti, ma la polizia austriaca la tiene d’occhio.
Per paura di essere arrestata, scappa prima in Svizzera, poi in Francia.
Non fu mai arrestata per l’aiuto del suo nonno materno, il Marchese Maurizio dei Gherardini, Gran Ciambellano dell’Imperatore d’Austria.
Intanto la polizia austriaca sequestra tutti i suoi beni in Italia.
Cristina decide allora di trasferirsi in Francia dove per qualche tempo si guadagna da vivere facendo pizzi, dipingendo e collaborando con alcuni giornali. Ma per sua fortuna la povertà dura poco: arriva il dissequestro del suo patrimonio.
Affitta allora un appartamento nel centro di Parigi, apre un salotto nel quale ospita gli artisti più in voga del tempo.
Fa anche delle elargizioni a favore di Ciro Menotti e appoggia i moti mazziniani.
Nel 1835 rompe con Mazzini, ma comincia a frequentare filosofi socialisti con idee europeiste molto moderne.
Saint Simon, uno di questi filosofi ha, infatti, un’idea dell’Europa molto simile all’Europa di oggi.
Cristina conosce anche Francois Mignet, col quale ha una relazione e la cui amicizia durerà a lungo.
Nel 1838 nasce la figlia Maria. Ci sono dubbi sulla paternità della bambina, ma Maria Cristina ingaggia una battaglia legale con il marito, dal quale non ha mai divorziato, per farla riconoscere. Ci riesce un anno dopo la morte del marito.
Seguono anni di isolamento e di studio. Poi Cristina decide di tornare a Locate, dove possiede una grande proprietà di famiglia.
A Locate fonda un asilo per i bambini poveri, apre una scuola elementare e dei laboratori artigianali.
Cristina scrive anche delle opere in francese, Nel 1846 pubblica. “La storia della Lombardia negli ultimi 30 anni”. Poi, da repubblicana, si orienta per la soluzione unitaria e monarchica. Sono anni caldi che preparano il ‘48. Usa il suo denaro per diffondere idee, fonda la rivista «Ausonio». Incontra Cavour.
È a Roma quando scoppiano le Cinque Giornate di Milano. Organizza un esercito, chiamato ironicamente l’ “esercito Belgioioso”, di 200 volontari napoletani che vengono portati in piroscafo fino a Genova e di qui a Milano. Poco tempo dopo si unisce ai patrioti della Repubblica Romana, che durerà pochissimo. Fonda 12 ospedali e “inventa” le infermiere, che ancora non esistevano: dame aristocratiche, donne borghesi e anche qualche prostituta. Ciò non mancherà di scandalizzare i “benpensanti” e lo stesso Papa.
Dopo la sconfitta della Repubblica Romana s’imbarca per Costantinopoli con la figlia, finisce in Turchia, dove acquista una proprietà, fonda una colonia agricola aperta a profughi italiani, assiste la popolazione locale come a Locate, si guadagna da vivere scrivendo.
Va anche in Terra Santa, in Libia, Libano e nel deserto. Nel 1858 pubblica un libro su queste esperienze di viaggio.
Nel 1855 ottiene dalla burocrazia austriaca la restituzione dei suoi beni, torna in Italia, e nel 1860 si sposa la figlia Maria. Il matrimonio è felice e Cristina è contenta.
Nel 1861, dopo la proclamazione dell’unità d’Italia, Cristina lascia ogni attività politica e vive tra Milano, Locate e il lago di Como, precisamente a Blevio, con l’affezionato servo turco Burdoz e la governante inglese Miss Parker.
Si ritira e i politici si dimenticano di lei.
Muore nel 1871, a 63 anni, a Blevio ed è seppellita a Locate, dove si trova ancora la sua tomba.
La professoressa Chiesa ci ha lasciato qualche consiglio di lettura per approfondire questa figura di donna straordinaria! Grazie!
Mino Rossi, Principessa Liberta’.
Anna Maria Bernieri, “Cristina Trivulzio di Belgioioso – una bellezza assetata di verità”.
Resoconto di Angela D’Albis
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Quest’anno ricorre il centenario della nascita del più grande cineasta italiano: Federico Fellini. Il nostro apprezzato docente, prof. Creuso, ci ha parlato oggi di questo regista, facendo riferimento a tutta la sua opera in generale e al film “La strada” in particolare.
Le sue opere erano frutto della collaborazione di un grande team di cui facevano parte anche Pinelli, Flaiano, Rota (per le musiche). A lui si è ispirato certamente Sorrentino per il suo film “La grande bellezza”.
Si può dire che Fellini abbia seguito il monito di Kant ne “La critica del giudizio” : L’OPERA D’ARTE NON E’UNA COPIA DELLA NATURA, MA IL SUPERAMENTO DI ESSA”.
Fellini, nato a Rimini il 20 gennaio 192o, arrivò a Roma come disegnatore di fumetti, poi, dopo aver collaborato con Rossellini, si cimentò nel cinema. Era l’epoca del “Neorealismo” che ritraeva l’Italia della guerra e del dopoguerra con tutte le sue miserie e i suoi eroismi.
I suoi primi film furono: “Luci del varietà”, “Lo sceicco bianco”, “I vitelloni”. In questo periodo il regista romagnolo e Alberto Sordi lavorarono in grande sintonia, ma quando Fellini scelse Antony Quinn per il film “La strada”, i rapporti tra i due si interruppero.
Il produttore Dino De Laurentis, aveva voluto attori conosciuti in campo internazionale, perchè aveva capito il valore del giovane Fellini e le sue grandi possibilità di successo. La storia della pellicola è nota e si può dire che, come molte altre opere di Fellini, abbia un substrato filosofico: i drammi della vita vengono alleggeriti da tocchi clowneschi. Per Fellini infatti la vita è un circo, un carnevale, in cui ognuno di noi indossa di volta in volta una maschera diversa.
Zampanò pare interpretare la parte del clown bianco, Gelsomina (splendidamente interpretata da Giulietta Masina) ricopre il ruolo del Toni, o Augusto. Altro personaggio fondamentale nella storia è quello del “Matto”, non solo funambolo provetto , ma anche profondo conoscitore della vita. Nella scena del “sassolino” è forse racchiuso il senso del film: ogni cosa, anche la più insignificante, ogni essere vivente sono a loro modo indispensabili anche se noi non riusciamo a capirlo .
Gli ambienti culturali dell’epoca accolsero con una certa freddezza il film, contrariamente a quanto avvenne negli ambienti cattolici. Il film poi ottenne l’Oscar per il migliore film straniero. Molte pellicole nella storia del cinema sono trasposizioni di romanzi; le opere di Fellini invece sono nate dai suoi sogni, dai suoi incubi, dai suoi ricordi.