UTE: Il doppio in Stevenson e in Wilde. – Perchè camminiamo e come camminiamo.

La nuova e giovanissima docente, Laura Molinari,  ha continuato ad analizzare il tema del “doppio” nella letteratura inglese, prendendo in esame il libro di Oscar Wilde “Il ritratto di Dorian Gray”.

Nato a Dublino nel 1954, Wilde si trasferì a Londra a 25 anni e lì cominciò a pubblicare poesie, favole per  bambini (Il principe Felice – Il gigante egoista) , opere teatrali (L’importanza di chiamarsi Ernesto).  Ma la sua opera più famosa è certamente “Il ritratto di Dorian Gray” pubblicato nel 1890.  Cinque anni dopo , fu  condannato ai lavori forzati per omosessualità. Da quel momento cominciò per lui un periodo molto triste in cui conobbe l’abbandono e la solitudine. Morì nel 1900 a Parigi. Fu lui a creare la figura del “dandy”: giovane dell’alta borghesia con il culto della bellezza,  dell’eleganza e della ricerca del piacere.

La sua opera più famosa prende spunto dalla contemplazione di un quadro del pittore Basil Ward che ritraeva un bellissimo giovane. I personaggi principali sono: il giovane Dorian, il pittore Basil e lord Wolton, filosofo.. Quest’ultimo incontrando il bellissimo Dorian, riesce a plagiarlo e a corromperlo al punto che il giovane si dice disposto a tutto pur di conservare la propria bellezza ritratta nel quadro di Basil. Da quel momento, invecchia solo l’immagine del quadro (nascosto nell’attico . inteso come sub-conscio), mentre Dorian conduce una doppia vita: nella sua casa signorile appare come un giovane, integerrimo e benestante inserito nella società, mentre in altri luoghi si dà ad ogni genere di vizio. Il ritratto diventa sempre più brutto (ritrae l’anima di Dorian) e il ragazzo continua ad andare a vedere le trasformazioni della sua immagine, diventa narcisista, incapace di amare e, in nome della bellezza, è disposto a compiere qualunque bassezza (i suoi vizi nel libro non vengono descritti per eludere la censura). Una notte, il pittore vuole rivedere il suo quadro e rimane sconcertato, nasce un diverbio e Dorian uccide Basil, senza provare alcun rimorso. La sua unica preoccupazione è far sparire il cadavere e costringe un suo amico ad occuparsene; questi poi si uccide. Col passare del tempo Dorian comincia ad odiare quel ritratto che rappresenta il suo IO nascosto, comincia ad avere degli incubi e pensa di liberarsene distruggendo il quadro, ma colpendo la sua immagine , uccide se stesso: l’immagine del ritratto torna al suo antico splendore, mentre il cadavere di Dorian si deforma orribilmente, tanto che i suoi servi lo riconoscono solo dai suoi anelli.

La morale del racconto è che c’è sempre un prezzo da pagare se si insegue solo il piacere; inoltre l’arte è sempre superiore alla realtà perchè è eterna e la bellezza rimane per sempre.

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PERCHE’ CAMMINIAMO? – Camminare è prerogativa degli animali, che altrimenti non potrebbero sopravvivere. I primi esseri viventi si muovevano nell’acqua; solo 375 milioni di anni fa i primi pesci cominciarono ad uscire dall’acqua spostandosi sulle pinne, che solo 100 milioni di anni dopo si trasformarono in zampe. La comparsa delle prime scimmie risale a 60 milioni di anni fa e solo 40 milioni di anni dopo le scimmie hanno cominciato ad usare gli arti anteriori per arrampicarsi. La prima scimmia antropomorfa, che cammina su due zampe,  compare 7 milioni di anni fa. Lucy, è il più antico (risale a 3,2 milioni di anni fa) essere vivente a camminare come noi. Le successive evoluzioni dall’homo habilis, all’homo erectus, all’homo sapiens sono accompagnate dall’evoluzione di piedi, gambe, colonna e cervello.

Camminare a quattro piedi è semplice e i quadrupedi camminano appena nati, gli umani invece impiegano molti mesi prima di poter muoversi in sicurezza. Mentre i piedi delle scimmie sono molto simili alle mani, i nostri piedi sono i più evoluti in natura e sono particolarmente adatti al cammino. Il ginocchio poi ha subito enormi modifiche diventando più robusto e fornito di molte formazioni legamentose per evitare distorsioni e danni  da movimenti sbagliati. La stessa evoluzione ha interessato le anche, il bacino e la colonna vertebrale. Il cervello poi ha cambiato forma e dimensioni e il suo compito è quello di coordinare tutte le percezioni e gli stimoli provenienti dall’ambiente e assicurare l’equilibrio.

Già a due, tre mesi di vita il neonato manifesta l’istinto del camminare, poi col tempo i movimenti diventano  automatici, al punto che mentre le gambe si muovono , noi possiamo anche compiere altre azioni.

Nel cammino interagiscono varie forze: la forza di gravità, la reazione del terreno, l’attrito del terreno, l’inerzia.

Il cammino è funzionale quando è poco “costoso” in termini di energia, quando è sicuro, sufficientemente veloce ed esteticamente accettabile.

Due lezioni interessanti e ottimamente esposte hanno reso piacevole il pomeriggio di noi soci UTE.