Oggi all’ ute il prof Porro ci ha tenuto una interessantissima lezione sul mito della caverna di Platone che riporto qui con un provvidenziale copia-incolla.
Il mito della caverna
Platone (per bocca di Socrate) immagina gli uomini chiusi in una caverna, gambe e collo incatenati, impossibilitati a volgere lo sguardo indietro, dove arde un fuoco. Tra la luce del fuoco e gli uomini incatenati vi è una strada rialzata e un muricciolo, sopra la strada alcuni uomini parlano, portano oggetti, si affaccendano nella vita di tutti i giorni. Gli uomini incatenati non possono conoscere la vera esistenza degli uomini sulla strada poiché ne percepiscono solo l’ombra proiettata dal fuoco sulla parete di fronte e l’eco delle voci, che scambiano per la realtà. Se un uomo incatenato potesse finalmente liberarsi dalle catene potrebbe volgere lo sguardo e vedere finalmente il fuoco, venendo così a conoscenza dell’esistenza degli uomini sopra il muricciolo di cui prima intendeva solo le ombre. In un primo momento, l’uomo liberato, verrebbe abbagliato dalla luce, la visione delle cose sotto la luce lo spiazzerebbe in forza dell’abitudine alle ombre maturata durante gli anni, ma avrebbe comunque il dovere di mettere al corrente i compagni incatenati. I compagni, in un primo momento, riderebbero di lui, ma l’uomo liberato non può ormai tornare indietro e concepire il mondo come prima, limitandosi alla sola comprensione delle ombre.
Passando poi all’attualità il nostro docente ci ha fatto rilevare come anche la moderna tecnologia ci immerge in una realtà filtrata dai vari media , in un mondo di ombre virtuali.
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Don Ivano , il nostro coordinatore ha proseguito sul tema “Un’ecologia integrale”, ribadendo il concetto della poeticità (e non certo scientificità) del racconto biblico della creazione, racconto nel quale la natura viene donata all’ umanità (Adamo significa semplicemente “uomo”) dal Creatore perché ne fossimo, non i dominatori con permesso di abusarne, ma custodi .