Ute: Invasioni barbariche: Ungari e Saraceni sintesi di A. D’Albis) – Storia di un arcivescovo e del suo amore per il bello.

Alle 15.00 la professoressa Chiesa continua il suo discorso sulle “Invasioni barbariche”, soffermandosi sulle invasioni nel Medioevo degli Ungari e dei Saraceni.

Gli Ungari erano un popolo originario della Russia centrale (Jugra). Il loro nome era anche “Magiari”.Verso il IX secolo emigrarono verso occidente nei territori che formavano la provincia della Pannonia che dal loro insediamento prese il nome di Ungheria.

Erano un popolo di cavalieri terribili e di arcieri senza pari: le loro frecce colpivano precise e micidiali; essi diventarono anche mercenari nell’esercito bizantino. Le incursioni ungare erano improvvise, rapide e devastanti. Sfruttando la velocità dei cavalli e evitando i luoghi fortificati, si gettavano su luoghi poco difesi, ma ricchi, come abbazie e conventi, oppure fattorie e villaggi privi di fortificazione.

La loro economia era basata sui saccheggi e rapine e il loro bottino preferito erano l’oro e gli schiavi che scambiavano con i mercanti del Mar Nero. Gli Ungari razziarono molte zone dell’Impero Carolingio, come la Moravia, la Lorena, la Germania e l’Italia.

Le invasioni ungare in Italia durarono 150 anni. Gli Ungari occuparono dapprima l’Italia settentrionale e arrivarono fino al mezzogiorno (Puglia).  Furono anni di scorrerie violentissime che lasciarono terra bruciata.

La professoressa ci legge questa preghiera: “De sagittis Hungarorum libera nos, Domine”, o Signore difendici dalle frecce degli Ungari, contenuta in un manoscritto modenese e che riflette l’ondata di terrore causata dagli Ungari in Italia, ma anche in tutta l’Europa.

La professoressa aggiunge che queste incursioni potrebbero aver contribuito al fenomeno della diffusione dei castelli, costruiti per avvistare gli Ungari e permettere la difesa delle città.

Gli Ungari cominciarono a subire sconfitte intorno all’anno mille. Essi mitigarono la loro aggressività, cominciarono a instaurare rapporti pacifici con i sovrani occidentali e si stanziarono nella regione che poi prese il nome di Ungheria.

Infine, sempre intorno all’anno mille, papa Silvestro II incoronò il re Stefano I d’Ungheria (che divenne poi Santo Stefano, patrono della Nazione). Tutti gli Ungari si convertirono al Cristianesimo e il Regno d’Ungheria cominciò a far parte integrante dell’Europa.

La professoressa continua la sua lezione con le invasioni dei Saraceni. Parte dall’etimologia delle parole Arabo e Saraceno che significano entrambe “nomade”.

Il termine Arabo indica i nomadi del deserto dell’Arabia, mentre per Saraceni si intendono gli abitanti del deserto provenienti dall’Oriente.

Le notizie che abbiamo dei Saraceni prima dell’Islam sono scarse, perché essi vivevano isolati divisi in tribù in lotta tra loro. Nella parte centrale e settentrionale della penisola arabica vivevano gli Himiariti, tribù sedentaria dedita al commercio dell’incenso, mentre nelle steppe arabe vivevano i Beduini, dediti all’allevamento. Solo due città sulla costa occidentale della penisola araba si distinguevano per la loro attività economica: La Mecca e Medina.

Con l’avvento di Maometto cambiò tutto sia dal punto di vista religioso, sia politico.

maomettoEgli nacque alla Mecca nel 570. Sentì l’influenza del Cristianesimo e si allontanò dalle pratiche superstiziose degli arabi, fondando una religione sul culto di un solo Dio (ALLAH) di cui si proclamò il Profeta.

Proprio alla Mecca cominciò la sua predicazione, appoggiato dalla moglie Khadija, donna libera e dedita agli affari, 14 anni più vecchia di lui, che crederà sempre fermamente in lui.

Nel 622 (anno zero per gli Islamici) fuggì a Medina dove sconfisse i sacerdoti della classe dominante. Nel 630 tornò alla Mecca in armi e la conquistò, fondando lo stato arabo.

La professoressa ci dice che per tutto il medioevo Maometto fu considerato un eretico (infatti Dante lo mette tra questi nella Divina Commedia) e non il fondatore della terza grande religione monoteistica dopo l’ebraismo e il cristianesimo.

I testi sacri della religione mussulmana sono: Il Corano e la Sunna.

Questi testi sono stati scritti dai discepoli di Maometto, perché il profeta predicava solo oralmente.

Il Corano è diviso in capitoli che si chiamano Le Sure.

Il Corano regola la vita religiosa e civile. In esso è prevista la Jihad: guerra armata per difendersi dai nemici.

La Sunna, invece, è un codice di comportamento che codifica la vita quotidiana.

La religione Islamica prevede anche la Sharia (nome della legge sacra) e gli Ulama ( i dotti della scienza religiosa).

La professoressa ci spiega poi la differenza tra Islam Sciita e Sunnita. I Sunniti prevedono che la guida religiosa possa essere un fedele eletto dall’assemblea, gli Sciiti affermano che gli eredi di Maometto devono essere solo i suoi familiari e che la guida religiosa è una carica trasmessa per ereditarietà.

I Sunniti basano molto la loro pratica religiosa anche sugli atti del profeta e sui suoi insegnamenti (La Sunna), gli sciiti seguono solo 4 libri della Sunna.

Gli Sciiti hanno come leader religiosi, gli ayatollah; i Sunniti hanno come capi gli Imam (califfi).

Dopo la morte di Maometto si istituì il CALIFFATO.

Con il Califfato nacque la figura dell’Emiro. A poco a poco questi Emiri diventarono i capi e crearono una dinastia trasmettendola di padre in figlio.

I successori politici del profeta Maometto, i califfi, avviarono una fortunata e rapida espansione territoriale, occupando Gerusalemme e Damasco.

Nel 711 gli Arabi conquistarono la Penisola Iberica, passarono i Pirenei, ma furono fermati.

Nel Mediterraneo gli Arabi (detti talora Saraceni) conquistarono la Sicilia e si spinsero con continue scorrerie verso le coste della Sardegna e della Corsica, oltre che verso la Calabria, la Puglia e la Campania.

In Spagna, gli Arabi occuparono solo la parte settentrionale, con l’aiuto degli Ebrei, perseguitati dai Visigoti.

Questa fu un’età d’oro per la Spagna e ancora oggi troviamo e possiamo ammirare monumenti arabi integri.

La diffusione del dominio arabo-musulmano fu favorita dal fatto che molte popolazioni, soggette in precedenza ai Bizantini o ai Persiani preferirono sottomettersi agli Arabi, piuttosto che pagare le fortissime tasse richieste dai dominatori.

Secondo la legge coranica, inoltre, i convertiti ottenevano i pieni diritti civili ed erano tenuti solo al versamento dell’elemosina legale, mentre coloro che, come gli Ebrei, preferivano restare fedeli alla propria religione erano tenuti a pagare tasse non esorbitanti, mantenendo libertà assoluta di culto e, con qualche limitazione, di commercio, seguitando autonomamente a gestire il proprio statuto personale (matrimonio, divorzio, eredità).

Anche nell’Italia meridionale, soprattutto in Sicilia, la dominazione degli arabi portò un periodo di sviluppo sia culturale sia artistico. Purtroppo, in Sicilia, a differenza della Spagna, rimangono pochi monumenti arabi integri.

Le innovazioni positive della dominazione araba in Italia furono le seguenti:

  1. Smantellamento dei latifondi;
  2. Diffusione delle coltivazioni di ulivo e vite (coltivazioni che hanno bisogno di scarsa irrigazione);
  3. Introduzione di nuovi alimenti e possibilità di coltivarli;
  4. Sviluppo del commercio con l’Oriente;
  5. Diffusione dell’uso della carta;
  6. Conoscenza della matematica, della geometria e introduzione del sistema decimale;
  7. Diffusione della Filosofia e di testi di filosofi greci come Aristotele;
  8. Introduzione dei bagni pubblici;
  9. Integrazione religiosa;
  • Introduzione delle basi della chimica moderna attraverso l’Alchimia.

Inoltre, la lingua araba diventò lingua internazionale, come in passato il greco e il latino e oggi l’inglese.

Un elemento negativo fu la deforestazione, ma gli arabi portarono veramente una notevole nota di civiltà e influenzarono in modo positivo le arti e le scienze.

Oggi, in Sicilia, è fortemente sentita l’influenza araba nella lingua (il dialetto), nella cucina e negli antichi riti di magia che sono, però, scomparsi.

La storia della dominazione araba è quindi una storia di integrazione tra popoli e di forte sviluppo della cultura, dell’arte e della scienza.

Nella prossima lezione, la professoressa Chiesa concluderà il suo ciclo di lezioni parlandoci dell’invasione dei Normanni in Europa e in Italia nel Medioevo.

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Nella storia della Chiesa di Milano ci sono due arcivescovi della famiglia Borromeo molto importanti per la città: S. Carlo, che ebbe un ruolo fondamentale nel Concilio di Trento e quindi nella Controriforma,  e Federigo, suo cugino. La storia di quest’ultimo è raccontata dal Manzoni nel capitolo 22° de “I Promessi Sposi” ed è su questa storia che oggi la prof. Manuela Beretta ci intrattiene

federico-borromeo-cardinalFederigo (nato nel 1564) trascose alcuni anni della sua giovinezza a Roma, dove ebbe come padre spirituale S. Filippo Neri e dove ebbe modo di incontrare e di frequentare tanti artisti che vivevano nella Città dei Papi.

Nel 1595, ad appena 31 anni, venne nominato Arcivescovo di Milano. Il suo amore per la cultura e per l’arte era tale da indurlo a impegnare buona parte dei beni di sua proprietà per acquistare quadri e libri, che intendeva donare alla cittadinanza di Milano; pertanto  progettò la costruzione di una biblioteca e di una pinacoteca in centro città.

Nel 1609 la biblioteca potè essere inaugurata e Federigo donò 12mila manoscritti e 30mila libri stampati che potevano essere liberamente consultati dai visitatori. (Cinque anni prima era stata aperta la prima biblioteca pubblica a Londra, quella di Milano fu la seconda nel mondo.) Nel giorno dell’inaugurazione, Federigo fece egli stesso da guida ai visitatori.

Nel 1618 anche la pinacoteca fu ultimata e vi trovarono posto ben 172 quadri di Federigo; lì accanto fu poi aperta nel 1620 l’Accademia Ambrosiana, in cui gli aspiranti artisti dell’epoca potevano studiare le opere dei maestri. Nel 1770, l’Accademia fu trasferita e prese il nome di Accademia di Brera.

Il cardinale, amante del bello in ogni sua manifestazione artistica, scrisse varie opere; da ricordare è “Pictura sacra” in cui espone i canoni cui deve obbedire l’arte sacra per essre conforme ai dettami del Concilio di Trento. Secondo quanto si legge nel libro citato, l’arte ha tre funzioni: didattica (per insegnare a chi non sa leggere quanto è contenuto nelle Sacre Scritture), devozionale e documentaria.

Le opere donate alla pinacoteca appartenevano alle tre scuole predilette dal cardinale: quella leonardesca, quella veneta e quella fiamminga.

Prevedendo che “Il Cenacolo” di Leonardo si sarebbe  presto deteriorato, ne commissionò una copia fedele che costituisce un documento prezioso come testimonianza di come doveva apparire l’opera in quegli anni.