Dopo averci parlato dell’aspetto geografico della Cina, la prof. Miryam Colombo oggi ci ha illustrato alcuni aspetti della lingua cinese, così diversa dalla nostra.
In Cina si parlano diverse lingue, ma quella prevalente è quella parlata dal 92% della popolazione di etnia HAN (in cinese: 汉族) che vive nella parte centro-orientale del Paese. Il restante 8% è composto da 55 etnie diverse che parlano lingue diverse, spesso influenzate dalla lingua parlata nei territori con cui confinano.
La lingua standard, quella fissata dalle regole grammaticali, sintattiche e ortografiche, è utilizzata nei documenti ufficiali e nei mezzi di comunicazione; essa è anche parlata nella zona di Pechino e viene insegnata nelle scuole, ma in genere la lingua parlata dalla popolazione cinese è diversa da quella standard.
La lingua cinese si basa su 418 sillabe rappresentabili con un carattere e ognuna di esse ha un significato preciso; le sillabe però possono essere pronunciate con 4 toni diversi assumendo anche significato diverso. La caratteristica tonale della lingua cinese fa sì che la metà dei suoi musicisti possegga l’orecchio assoluto (capacità di riconoscere una nota al solo sentirla suonare) , cosa invece molto rara qui da noi.
Proprio per le caratteristiche della loro lingua, i cinesi sono molto appassionati ai giochi di parole; il loro numero sfortunato è il 4 la sua grafia richiama la morte (per i latini era il XVII perchè anagrammando le lettere si può formare la parola VIXI= ho vissuto)
I figli prendono il cognome dal padre, mentre il nome viene composto utilizzando a piacere delle sillabe.
Scrivere in cinese non è semplice: esistono 56.000 caratteri diversi, ma normalmente se ne utilizzano 5/6000. Durante la vita scolastica se ne possono imparare 3mila o 3500 e si continua a impararne tutta la vita.
In Cina ci si dà del tu, ci si saluta chiedendo “come stai?” e non si danno baci o abbracci.
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IL GRANO DAL CAMPO ALLA TAVOLA .
E’ stato un interessante excursus nel mondo del grano e della pasta quello che ci ha presentato oggi il giovane docente Simone Frigerio.
A partire dai tipi di grano (tenero per panificazione, duro per la pasta), per passare alle parti che costituiscono un chicco di grano e arrivare al processo produttivo della pasta.
Per ottenere una buona pasta occorre selezionare il grano migliore, che viene setacciato per eliminare le impurità, poi si passa alla macinatura a pietra o meccanica; si ottengono così vari tipi di farina adatti a produzioni diverse.
L’Italia produce grano duro al sud e grano tenero (poco perchè non remunerativo) al nord. Siamo i più grandi produttori di pasta al mondo, e ogni italiano consuma 23 kg. di pasta ogni anno.