Nella prima lezione di ieri, Don Ivano ha parlato dell’enciclica “Populorum progressio” di Paolo VI di cui ricorre quest’anno il 50° anniversario della pubblicazione. Non ho potuto seguire tutta la lezione, ma anche solo riportando alcuni brevi passi se ne può ricordare il valore profetico:
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” I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La chiesa trasale davanti a questo grido d’angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello.
..] La proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario.
Purtroppo la voce di Paolo VI è rimasta per lo più inascoltata e noi stiamo pagando salato il conto di un neo-colonialismo cinico e predone.
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Nella seconda ora di lezione la dr.ssa Mariella Russo ci ha guidato alla comprensione della cultura degli altri, dei nostri nuovi concittadini: tale conoscenza non deve significare negazione della nostra cultura, ma deve rappresentare un arricchimento, un aiuto a “comprendere”.
Quale concetto di lavoro? La nostra Costituzione inizia affermando che ” l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” e questo dice quanto per noi il lavoro significhi libertà e dignità della persona, ma non è sempre stato così… Nelle civiltà antiche il lavoro era riservato agli schiavi, poi col Cristianesimo questa concezione cambia: San Paolo afferma “Chi non lavora non mangi” e San Benedetto col suo motto “ora et labora” dà al lavoro la stessa importanza data alla preghiera. Nell’età dei Comuni poi solo chi partecipava alle corporazioni (e quindi aveva un lavoro) poteva partecipare al governo della città.
Al giorno d’oggi il lavoro è un problema soprattutto per i giovani che si vedono offrire a ripetizione stage poco o per nulla retribuiti; in Cina un operaio deve lavorare 12/14 ore al giorno per 28 giorni al mese!!! In Giappone dopo licenziamenti di massa si sono fatte riassunzioni con superlavoro anche non pagato e si assiste a un grande numero di suicidi per eccessivo lavoro.
Il mondo economico è basato sulla competizione , che se portata agli eccessi è una vera follia: ci si deve invece orientare alla collaborazione.
Una volta i padroni brianzoli pensavano al benessere dei loro operai costruendo per loro case e asili .
Sorridere? Noi sorridiamo poco, in India invece il sorriso ha quasi valore religioso: devi sorridere alla divinità che è in te e in chi incontri…. Da noi si misura il PIL (Prodotto Interno Lordo) in Buthan si misura il FIL (Felicità interna lorda).
Solidarietà. In Corea ognuno deve fare ogni giorno un gesto di solidarietà verso un membro del gruppo cui appartiene. In Africa si fa il pane insieme. Gli immigrati, facendo gruppo, trovano il coraggio, qui da noi, di sfidare mafia e camorra e all’ospedale di Saronno sono state due infermiere straniere a denunciare i delitti finiti sui giornali in questi giorni: gli immigrati si fidano delle nostre istituzioni più di quanto non ce ne fidiamo noi….
Sguardo. Per noi guardarsi negli occhi è segno di lealtà, in Oriente guardare negli occhi una persona equivale a volerla sfidare.
In alcuni paesi è inconcepibile che un uomo debba ubbidire a una donna, anche se dovesse essere un suo superiore nel lavoro.