UTE: Sull’identità umana – Storia della matematica

Nella tradizione biblica Dio plasma l’uomo dalla terra e gli inala il suo Spirito che lo anima. L’uomo è quindi strettamente legato alla Terra, è fragile, è limitato, ma fa parte di un progetto amorevole di Dio: l’uomo fa parte del creato e ha il compito di custodire tutte le altre creature, ne ha la responsabilità. Nel libro di Giacobbe e nel Qoelet l’uomo prende coscienza della propria caducità e debolezza, ma anche se deve morire verrà poi custodito nelle mani di Dio.

Nell’antica Grecia, Platone nel dialogo dedicato a Protagora, uno dei principali sofisti, l’uomo è definito: misura di tutte le cose. L’uomo si differenzia dalle altre creature perchè, pur non essendo dotato naturalmente di armi di difesa, ha la ragione e il sapere tecnico (capacità di costruire strumenti) che Prometeo ha rubato ad Efesto e ad Atena insieme con il fuoco.

Oggi certe caratteristiche da sempre attribuite solo all’uomo, sono invece riconosciute anche agli animali: anche gli animali sanno comunicare tra di loro e trasmettere ai figli il loro “sapere”. E’ però vero che il linguaggio a doppia articolazione è solo dell’uomo che sa utilizzare dei segni senza senso per formare frasi che hanno senso..

Questa lezione del prof. Porro è stata molto piacevole e interessante.

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STORIA DELLA MATEMATICA – Il nostro cervello ha un’area specifica dedicata alla matematica e tutti sono in grado di cogliere la “numerosità”.

Nel paleolitico si contava intagliando sugli ossi degli animali uccisi delle tacche raggruppate a cinque a cinque (come le dita delle mani).

In una tavoletta mesopotamica è riportato un preventivo per la ristrutturazione di un edificio e vi sono elencati il numero dei mattoni da utilizzare, il numero di operai, i giorni di lavoro necessari e quanto cibo si dovrà provvedere.

I Sumeri avevano adottato un sistema numerico posizionale a base 60 che ancora oggi noi utilizziamo per misurare gli angoli e negli orologi; questo popolo diede un grande sviluppo alla matematica per ragioni commerciali.

In Grecia si usavano le 27 lettere dell’alfabeto per scrivere i numeri e si sono dedicati molto alla ricerca matematica; i Romani, che non se ne curavano molto, adottarono un sistema addizionale.

E’ arabo il primo libro di matematica e risale all’843 d. C. ; in esso tra l’altro vengo riportati i numeri che utilizziamo ancora oggi e che gli Arabi avevano appreso dagli Indiani.

E’ del 1202 il “Liber Abaci”, un libro per fare i conti. Leonardo Pisano viene mandato dal padre, mercante, in Algeria per studiare la matematica e porta in Europa i numeri arabo-indiani che contemplavano anche lo zero. Dalla storpiatura delle parole “liber abaci” è derivato il nome Fibonacci.

E’ nota la successione di Fibonacci che è una serie di numeri interi positivi in cui ogni numero è la somma dei due precedenti. Questa sequenza ha molte applicazioni pratiche: viene utilizzata nel calcolo delle probabilità, nella definizione della sezione aurea e nel triangolo aureo.

Il prof. Galoppo ha concluso la sua interessantissima lezione con la poesia di Trilussa: NUMMERI

“Conterò poco, è vero”.

Disse l’Uno ar Zero.

“Ma tu che vali? Gnente, propio gnente.

Sia ne l’azzione come ner penziero,

rimani un coso vòto e inconcrudente.

Io, invece, si me metto a capofila

de cinque zeri tali e quali a te,

lo sai quanto divento? Centomila.

E’ questione de nummeri. A un dipresso

è quello che succede ar dittatore,

che cresce de potenza e de valore,

più sò li zeri che je vanno appresso.

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