Sebben che siamo donne, paura non abbiamo…

Le donne si stanno mobilitando per ribellarsi al dilagare della mentalità secondo la quale solo chinandosi al volere dei potenti si può emergere. Le donne vogliono dire ai loro figli che non è così.

Nella vita deve prevalere chi lo MERITA per il suo impegno, per la sua costanza, per la sua onestà e intelligenza, per la sua preparazione.

Le donne si mobilitano e subito si scatenano i soloni : la piazza, secondo loro, sarà piena di bigotte col dito puntato verso le “altre”.

 Non sarà invece che fa un po’ paura vedere come le donne siano riuscite a coalizzarsi almeno una volta e a far sentire la loro voce? Certo c’ è chi pensa che di questo passo non si sa dove si andrà a finire… “date un dito alle donne e si prenderanno tutto il braccio”.

Mi pare una mossa per togliere importanza a una manifestazione che si annuncia imponente.

 Io non  sarò in piazza, ma qui, davanti al computer rispolvererò un vecchio canto popolare:

E noi che siamo donne
paura non abbiamo
per amor dei nostri figli
per amor dei nostri figli
sebben che siamo donne
paura non abbiamo
per amor dei nostri figli
in lega ci mettiamo
(Rit.)
A oilì oilì oilà e la lega crescerà
e noialtri lavoratori, e noialtri lavoratori
a oilì oilì oilà e la lega crescerà
e noialtri lavoratori vogliam la libertà….

Se volete riascoltarlo ecco qui un link  :

http://www.youtube.com/watch?v=ZCQHsJie8Mc&feature=related

Giornata del ricordo.

Oggi è la giornata del ricordo in onore dei tanti italiani morti nelle foibe. E’ stato quello un momento di storia a lungo ignorato e di cui nemmeno i sopravvissuti forse amavano parlare fino a poco tempo fa. Io ho conosciuto due carissime ex colleghe profughe giuliane: una al mio primo anno di insegnamento sull’ Appennino Reggiano e l’ altra qui in Brianza.

La prima si chiamava Marcella (a quest’ ora sarà molto anziana, ma ho perso le sue tracce da tempo). Era una signora molto dolce, che da ragazzina era fuggita con la famiglia dall’ Istria per giungere sull’ Appennino, dove aveva poi trovato anche lavoro e si era formata una famiglia . Ricordo i suoi consigli e i suoi incoraggiamenti ; io avevo da poco vinto il concorso , ma avevo pochissima esperienza didattica: ero un po’ spaesata e timorosa di combinare pasticci e lei mi ha sostenuto in quella prima esperienza.

La seconda si chiamava Marisa ed è scomparsa, ancora giovane, qualche anno fa. Con lei ho lavorato a lungo, riuscendo a collaborare per realizzare attività diverse in varie circostanze . Ma più di tutto la ricordo perchè insieme abbiamo affrontato una sperimentazione per l’ inserimento di bambini con handicap, che ci attirò le invettive di molti. Fu un’ esperienza coinvolgente ed interessante.

Solo Marisa raccontava qualche volta le peripezie della sua fuga da Zara, ma certo lei a quell’ epoca era molto piccola e  forse nessuno aveva voluto parlarle delle foibe, cui non accennò mai. Raccontava come avessero dovuto lasciare una casa signorile e una situazione di agiatezza e come suo padre era riuscito a salvare ben poco dei loro beni, buona parte dei quali era  forse servita (ora posso supporlo) a salvare la propria famiglia da una sorte terribile.

Oggi mi pare la giornata giusta per dire  grazie a Marcella e a Marisa e per rinnovare il ricordo di atrocità che non dovranno più ripetersi.

 

Una tartarughina avventurosa.

Elisa (8 anni e mezzo) sabato sera si è messa a scrivere; ecco il suo racconto:

C’ era una tartaruga, non tanto tempo fa, di nome Sammy.

Sammy voleva esplorare tutti i mari, ma sua madre non era d’ accordo perchè pensava:

– Una tartaruga così piccina non può attraversare tutti i mari….-

(Dopo qualche tempo – nota della nonna), però Sammy un giorno andò lostesso; l’ aveva detto a sua madre e lei questa voltaera stata d’ accordo, perchè si era convinta che il suo piccolo Sammy ce l’ avrebbe comunque fatta e sarebbe tornato a casa sano e salvo.

Così Sammy salutò sua madre e partì per il suo viaggio. Sammy incontrò molti animali marini, come le meduse, le anguille, piovre..

Dopo lunghi mesi, Sammy tornò sano e salvo a casa, abbracciò sua madre e le raccontò tutta la sua avventura.

Una data da ricordare.

http://www.facebook.com/pages/DCCDDDE-THGGI/123338574347262?v=app_7146470109#!/notes/dccddde-thggi/1-febbraio-1945-in-italia-viene-introdotto-il-suffragio-universaleper-la-prima-v/194338353911770

E’ sempre interessante andarsi a rivedere la storia della partecipazione al voto nel nostro paese ( su Wikipedia c’ è una sintesi breve , ma chiara).

Le leggi che si sono susseguite dal 1848 in poi hanno riconosciuto il diritto all’ elettorato attivo prima a una ristretta minoranza e poi via via lo si è riconosciuto a una fetta sempre maggiore di cittadini, tenendo conto del censo, dell’ alfabetizzazione, della quota di tasse pagate e del servizio militare prestato. Solo agli inizi del Novecento si arrivò al suffragio “universale”, ma inteso sempre come riservato a tutti i “maschi” maggiorenni. Le donne non venivano mai nominate: non erano considerate cittadine, ma esseri subalterni senza capacità di opinione politica.

Solo il 1 febbraio 1945 una legge riconobbe alle donne il diritto di voto : e mi pare giusto ricordarlo!

Le donne dicono: “Basta!!”

Anche qui come in Tunisia e in Egitto i social network stanno diventando il mezzo di organizzazione del dissenso e della protesta.

In questi giorni su facebook sono tantissimi i gruppi che si stanno formando e che velocemente riscuotono adesioni  per  rivendicare “Rispetto per le donne” . In un momento in cui certe notizie ci umiliano , mettendo in prima pagina ragazze disposte a proporsi come bambole in cambio di cospicui assegni o carriere fulminee, è giusto far sentire la voce delle donne normali , quelle che accettano di portare sulle proprie spalle la responsabilità di  una  famiglia e contemporaneamente anche un lavoro fuori casa, quelle che non dormono mai abbastanza perchè i bimbi si svegliano di notte o perchè c’ è un malato  da accudire, quelle che studiano con volontà ferrea per affermarsi nel lavoro dove, si sa, per una donna la carriera è sempre più ardua che per un uomo.

Con un veloce tam-tam elettronico già sabato pomeriggio a Milano le donne si sono radunate e hanno riempito la piazza davanti alla Scala ; questa è stato solo l’ anteprima: la manifestazione in grande stile è fissata per il  13 febbraio in ogni piazza d’ Italia e lì le donne diranno : BASTA !

E’ importante   dare un messaggio alle nostre figlie e alle nostre nipoti per far loro capire che i modelli proposti loro da certa TV e dallo stile di vita di un premier “in disfacimento politico e morale” sono ingannevoli e falsamente luccicanti.

Cantare insieme in libertà…(lasciando andar la voce dove va..)

Quando ancora ero alle superiori, in estate sono andata più volte a fare da educatrice /assistente a bambini e adolescenti in montagna. Erano gruppi organizzati dalla diocesi in modo molto semplice e informale.

Di quelle esperienze ricordo con gran piacere il senso di benessere che mi dava l’ aria di montagna, la bellezza  e l’ incanto dei paesaggi, sia che fossero prati verdi dove l’ erba ondeggiava ad ogni soffio di vento, sia che fossero orizzonti sconfinati limitati da “cime ineguali” splendenti di neve; tutto questo era reso ancora più piacevole dall’  atmosfera di amicizia che si stabiliva sia tra gli adulti sia tra adulti e ragazzi.

La sera , quando i ragazzi erano ormai addormentati nelle camere,  noi educatrici ci riunivamo per prendere accordi sulle attività del giorno successivo e alla fine c’ era sempre chi proponeva : – Facciamo una cantatina?- Allora si intonava un canto di montagna,  o di lavoro o canti folkloristici. Questo serviva moltissimo a cementare l’ amicizia all’ interno del gruppo, a sentirsi “comunità”.

Il giorno seguente gli stessi canti accompagnavano le nostre escursioni o le soste nei rifugi al calore di un camino acceso.

Da allora la passione per il canto corale mi ha accompagnato sempre e mi ha indotto a far parte di una corale prima  e poi a riservare sempre al canto qualche momento  anche nell’ orario settimanale della programmazione per le mie classi.

Uniformare la propria voce a quella dei compagni e esprimere insieme la stessa emozione contribuisce molto a suscitare e rafforzare lo spirito di gruppo  e crea un senso di appartenenza che dà sicurezza .

La Giubiana

http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cronaca/182307_cant_brucia_la_giubiana_migliaia_i_curiosi_in_piazza/

Ieri sera, ultimo giovedì di gennaio, si è bruciata in piazza a Cantù e in altro località dei dintorni “la Giubiana” Ci sono molte versioni sull’ origine della festa , che si perde nella notte dei tempi. A Cantù il rito rievoca una storia medievale legata alla guerra tra Comuni. Ecco cosa dice in proposito Wikipedia:

“A Cantù ad essere simbolicamente immolata su una pira di legno posta nel centro di piazza Garibaldi, nel centro cittadino, è una giovane bellissima che secondo la tradizione rappresenta una castellana che ebbe l’ardire di tradire la città in un lontano passato, forse nella guerra tra milanesi e comaschi del XII secolo. Cantù, alleata a Milano contro la città lariana, subì infatti una dura sconfitta ma la guerra fu infine vinta dai milanesi che conquistarono Como decretando così, secondo questa interpretazione della leggenda, anche la condanna al rogo della giovane. Una tremenda sentenza che viene simbolicamente ricordata ogni anno nella serata dell’ultimo giovedì di gennaio.

Non a caso prima del rogo a Cantù si organizza un corteo con costumi storici: su un carro trascinato a mano e scortato da armigeri, frati e un boia viene caricata la Giubiana, ossia un manichino di donna esposto giorni prima in un locale di via Dante, a due passi da piazza Garibaldi, ad un ipotetico pubblico ludibrio. Durante il corteo, che raggiunge poi il municipio e quindi la piazza centrale per il rogo, viene anche data lettura della condanna. Si tratterebbe comunque di una leggenda visto che non esistono fonti che leghino alla verità storica questi fatti.”

In altre località la Giubiana viene invece rappresentata come una vecchia strega che  rapiva i bambini, e altrove ancora pare rievocare antichi riti propiziatori prima della semina .

Ovunque la festa si conclude con risotto e salsicce.

Dal campo di Fossoli: Una notte infinita…

Panoramica campo-2.gif

il_campo_di_fossoli_tra_memoria_e_progettoDa qui partì Primo Levi con un treno che lo portava  verso la più terribile delle prigionie.  Fossoli fungeva da campo di smistamento e Levi ricorda quei momenti in questa poesia:

Il tramonto di Fossoli
Io so cosa vuol dire non tornare
A traverso il filo spinato
ho visto il sole scendere e morire;
ho sentito lacerarmi la carne
…le parole del vecchio poeta:
“Possono i soli cadere e tornare:
a noi, quando la breve luce è spenta,
una notte infinita è da dormire”
P. Levi

 

Mi è capitato una volta di passare in mezzo a quelle baracche; il pensiero che anche un’ opera di grande solidarietà come “NOMADELFIA” di don Zeno Saltini avesse preso il via da lì, non riusciva a cancellare le immagini di dolore e di orrore che esse richiamavano alla mente. Ora ospitano un museo della Memoria.